Rassegna Stampa – Cafe Babel 20 agosto 2015

Nel 1984 i coniugi Albeggiani si ritirarono a vita privata sulla loro creatura, compiendo con Lisca Bianca il giro del mondo. Un viaggio eroico che fece della barca l’ambasciatrice della tradizione siciliana nel globo. Oggi, dopo anni di abbandono, Lisca Bianca rivive in un pensato progetto per includere ragazzi svantaggiati.

Dopo diverse navigazioni nel Mediterraneo, nell’estate del ’75,  Sergio e Licia Albeggiani decisero di affrontare l’oceano. Lisca Bianca I era a quel tempo una sardara di Porticello armata per l’oceano. Arrivati alle Canarie, si resero conto che la barca non era appropriata per l’onda lunga dell’Atlantico e fecero rotta di rientro verso la Sicilia.

A quel punto però, la decisione di costruire una barca in grado di attraversare gli oceani prediligendo l’affidabilità alla velocità, era presa. Tra le mille motivazioni, quella più convincente si legge forse in Le Isole Lontane, libro di Sergio Albeggiani ricavato dai diari di bordo di Lisca Bianca: “tornammo a correre freneticamente, inseguiti senza un perché dalle lancette dell’orologio, trasalendo  ogni squillo di telefono, perennemente perseguitati […] da IRPEF, ILOR, SIP, ENEL, INARC, IVA, RAI, INPS e chi più ne ha più ne metta. Tornammo a infagottarci negli scomodi abbigliamenti rispondenti ai dettami di una moda schizoide e stravagante. Tornammo, insomma, alla vita normale di terraferma.”

Una scelta simile a quella di Chrisopher McCandless raccontata nel film Into The Wild, un allontanamento dal superfluo per ricercare l’essenza, solo che gli Albeggiani non dovettero apprendere negli ultimi giorni della loro avventura che la felicità è anche condivisione, perché questo fu per loro un valore sempre presente.

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Articolo di Andrea Anastasi

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