LiscaBianca e Luigi Lo Cascio su Macaseno
CERCASI EQUIPAGGIO PER GIRO DEL MONDO – UNA STORIA DI LUIGI LO CASCIO
Lisca Bianca è la storia di una barca, di un lungo viaggio intorno al mondo e di venticinque anni di silenzio. Fino a quando un libro non incontra due uomini che decidono di riprendere il viaggio interrotto molti anni prima dai coniugi Albeggiani, riportando in vita la loro Lisca Bianca. Ammainate le vele amici, perché a raccontarci questa avventura è Luigi Lo Cascio.
“Mi sono appassionato subito a questo progetto, già dalla prima lettura del libro che è stata la nostra guida in questa impresa, Le Isole Lontane (che a breve sarà ripubblicato da una nota casa editrice) scritto proprio dai coniugi Albeggiani, che racconta la loro decisione di mollare tutto e di salpare per i mari. Dagli inizi, negli anni ’70 – la ricerca, ad esempio, della barca giusta per quel tipo di viaggio – fino al 1989, quando un malore si porta via il marito della coppia e il loro viaggio finisce. E da allora Lisca Bianca, la barca appunto, resterà ferma per 25 anni. Fino a quando Elio Lo Cascio – mio fratello – e Francesco Belvisi vengono a sapere di questa storia così romantica e di questa barca ferma al porto che stava rischiando la demolizione. Insieme decidono di impegnarsi nell’operazione di restauro per farla rinascere per rimetterla in mare.”
Un racconto affascinante
“Sì, infatti questa loro idea mi ha subito conquistato per diversi motivi. Intanto per le persone che hanno deciso di coinvolgere: sono giovani in difficoltà, che provengono da un disagio sociale, che hanno avuto una relazione precoce con problemi di ordine penale o con la tossicodipendenza, tutte persone che, imbarcate in questa avventura possono trovare una possibilità di integrazione, di collaborazione nel lavoro insieme con gli altri, di condivisione. Quest’aspetto corale del progetto è quello che mi piace di più, che abbia una sua importanza d’ordine civile, sociale e politico.
Quali sono gli altri aspetti che l’hanno appassionata?
Sicuramente il fatto che si parli di mare, di navigazione, tutto questo dà una connotazione simbolica molto forte al progetto, non per niente si usa spesso il detto “siamo sulla stessa barca”, perché a quel punto si è un equipaggio, un gruppo, si sta insieme. E poi ha a che fare con l’immaginario, con l’avventura, col viaggio, con la ricerca; c’è una componente a suo modo mitica, specie rispetto al fatto che tutto questo si realizzi riportando in mare una barca.
State cercando di finanziare questo progetto attraverso differenti canali di ricerca fondi tra cui un’asta d’arte che ha avuto luogo a Palermo lo scorso 11 aprile e le ormai famose piattaforme di crowdfunding sul web.
Sì, questo perché stiamo parlando di una barca molto importante che non viene restaurata per restare in un museo ma per partecipare a regate e manifestazioni nautiche, quindi deve tornare ad avere le caratteristiche per cui gli Albeggiani la scelsero per la loro avvenura. E’ un progetto molto costoso che, al di là della mano d’opera che vede interessati molti giovani – come i ragazzi della comunità per tossicodipendenti S. Onofrio – e anche se alcuni pezzi della barca verranno restaurati all’interno del carcere minorile di Palermo, il Malaspina, richiede comunque una disponibilità economica importante per l’acquisto degli strumenti e dei materiali. Sarebbe bello che le persone si rendessero conto della bellezza di questa storia e ci aiutassero.
Il crowdfunding è uno strumento di cui si sente sempre più parlare in Sicilia. C’è una percezione, ancora molto debole, ma comunque viva, di crescita culturale legata ad una ritrovata indipendenza sociale; come se ci si stesse risvegliando da un lungo torpore. La sente anche lei?
Credo che l’utilizzo sempre maggiore di questo sistema di autofinanziamento sia sintomatico del fatto che finalmente non si aspetta più che le cose cambino e avvengano, ma ci sia dia da fare indipendentemente dalle istituzioni e dalle burocrazie rivolgendosi anche ad altre figure, ad esempio proponendo un sistema di collaborazione e rete.
La Sicilia della cultura che non smette mai di sognare, quindi…
In realtà vivo a Roma da venticinque anni ormai, dunque non sono la persona giusta per poter rispondere alla domanda. Credo però che vada a ondate, a periodi. C’è stata, ad esempio, una stagione, la “Primavera Palermitana”, in cui lavoravano nomi come Pina Bausch e Wim Wenders, che vi ha girato un film; c’è stata l’apertura dei cantieri alla Zisa, il Festival sul Novecento… mi limito alla città di Palermo perché è quella che conosco meglio. Adesso penso a tanti altri registi; penso a Ciprì e a Maresco, a Emma Dante con la sua ultima prova cinematografica, a Fabio Grassadonia e Antonio Piazza vincitori l’anno scorso a Cannes, penso a tutto questo e penso che è un peccato che ogni volta che ci sono periodi di questo tipo, questi vadano persi e vengano lasciati appunto “naufragare” per poi dover ricominciare tutto da capo.
Luana Licata